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PROGETTO DIDATTICO

IL PROGETTO DIDATTICO

Le ultime riforme della scuola secondaria di primo e secondo grado e parallelamente del settore dell'alta formazione artistico – musicale pongono la disciplina dello strumento musicale di fronte a nuovi e importanti obiettivi. Essa, se da un lato deve continuare ad essere una disciplina inquadrata nell'ambito della scuola dell'obbligo, aperta a tutti e a qualsiasi forma di esperienza compresa quella sussidiaria all'educazione musicale, dall'altra assurge a rivestire l'importante ruolo di primo operatore dell'orientamento e della formazione del musicista. Questa “bipolarità" della disciplina sottende inevitabilmente un ricollocamento delle teorie della stessa oltre che ad un riposizionamento della figura del docente chiamato a sostenere molteplici tensioni educative.
Quale può essere il tipo di apporto che l'epistemologia è in grado di offrire alla didattica dello strumento musicale? La crisi e l'insufficienza dei tradizionali metodi d'insegnamento in cui versa il settore educativo e formativo nel suo complesso, congiunte alla citata “bipolarità" degli obiettivi e delle finalità specifiche della disciplina dello strumento musicale, pongono il docente di fronte a una necessaria problematizzazione dell'azione didattica, troppo spesso limitata a routines didattiche di comoda attuazione ma di debole efficacia. Al fine di rafforzare la disciplina, a fronte di tali ed altre inadeguatezze, deve senza altro concorrere l'epistemologia, o meglio, un approccio epistemologico nella didattica per disancorare lo studio della musica da una dimensione esclusivamente tecnicistica e ad inserirlo in un progetto di più ampio respiro, in ambito gnoseologico. Ciò restituirebbe, come primo e non trascurabile effetto, alla disciplina una prospettiva finalmente più vicina alla cultura “diffusa" emancipando l'arte del suonare dall'idea di un lusso ad appannaggio di una cerchia elitaria di specialisti, fortunati nel gestire forme di sapere astruse ed inaccessibili ai più. Bisogna al più presto uscire dal paradosso culturale per il quale ci si può definire “persone colte" se si gestiscono nozioni elementari di letteratura, filosofia, arte e scienze pur ignorando la musica di Giuseppe Verdi. Antinomia tutta italiana, inaccettabile per un paese che storicamente è stato culla di ogni esperienza e sperimentazione musicale nel quale oggi tutti conoscono il nome del massaggiatore della Juventus ma pochissimi immaginano chi sia stato Luciano Berio. Dall'operaio al dirigente, dalla casalinga al docente universitario, l'ignoranza musicale è quanto di più democraticamente condiviso nel panorama culturale italiano! Sul piano pedagogico una svolta metodologica sarebbe opportuna per migliorare gli esiti degli interventi didattici evitando di sovraccaricare gli alunni con la mera pratica di nozioni tecnico – motorie, seguendo quelle che sono le recenti indicazioni dell'epistemologia che hanno mostrato come il baricentro dell'apprendimento risieda nell'educazione alla musicalità attraverso la ricerca e la valorizzazione delle proprie identità musicali, piuttosto che nella lineare cumulazione di competenze tecnico – pratiche. In tal senso, quindi, l'approccio epistemologico deve far recepire l'idea che bisogna tendere sempre più verso un'indagine e un'analisi dei percorsi di acquisizione di reali conoscenze e durevoli competenze.
Tale imprescindibile approfondimento delle teorie della educazione dello strumento musicale deve necessariamente essere accompagnato dall'applicazione diretta in campo didattico delle stesse. La pratica di docenza è, e deve essere, il laboratorio principale per la teorizzazione didattica. Ciò è evidente per la disciplina dello strumento musicale che per la congiuntura delle circostanze già esposte, si trova ad affrontare un importante momento di evoluzione che può essere interpretato e governato al meglio solo da chi si trova a investire, con speranza, la propria professionalità. In un primo approccio utile ad individuare i settori di competenza della disciplina dello strumento musicale, appare utile rapportare la stessa alla disciplina dell'educazione musicale nell'ambito delle finalità generali della scuola secondaria di primo grado. Lo strumento musicale nasce come disciplina nella scuola media affiancandosi all'educazione musicale in una azione programmatica atta a completare lo studio della musica con uno strumento grazie all'ausilio di personale specialistico. Tuttora, dopo le numerose e radicali trasformazioni intervenute, lo strumento musicale deve essere inquadrato in un globale ambito formativo della persona. Lo studio di uno strumento nel processo di crescita del preadolescente deve porre attenzione soprattutto alla crescita globale delle sue capacità (espressive, critiche, analitiche, creative, affettive …) come educazione alla libertà che superando le rigide applicazioni dei programmi dei conservatori risponda a esigenze educative proprie della scuola dell'obbligo. L'obiettivo, alla luce di tale concezione, non può essere solo l'acquisizione di abilità tecniche, ma, soprattutto, quella di utilizzare le motivazioni iniziali per farle confluire in un percorso più adeguato alla maturazione personale dell'alunno. Lo strumento musicale diventa strumento cognitivo, utensile per conoscere la realtà, per rapportarsi agli altri, per esprimere le emozioni, ma soprattutto strumento capace di “costruire" altri utensili in un circuito virtuoso di crescita che implica una rifondazione costante di se stessi. Evocando una celeberrima sequenza cinematografica, forse, non è del tutto insensato intuire la valenza pedagogica dello studio dello strumento musicale, inteso come utensile di conoscenza, dall'osso del moonwatcher di “2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrick. In tale geniale montaggio, che ha segnato la storia della settima arte, il primate manipolando un osso ne scopre, in una tragica casualità, la sua valenza di arma e di utensile capace di costruire altri utensili. L'osso di Kubrick, in un “brevissimo" salto evolutivo, della durata di un fotogramma, diviene un satellite geostazionario e poi ancora una penna che galleggia in assenza di gravità sfuggita al protagonista sopitosi durante un viaggio verso una base lunare: nulla di visivamente più semplice, ma al contempo, ricco di sovraccarichi semantici che solo l'arte cinematografica di un poeta come Kubrick poteva sintetizzare. Ripercorrendo l'esperienza del primate, bisogna fare in modo che l'allievo utilizzi lo strumento musicale come utensile di conoscenza, quindi, non fine a se stesso, ma proiettato verso un percorso di crescita e promozione umana. Cosa ne sarebbe stato dell'Uomo se il moonwatcher non avesse intuito la valenza dell'osso?

In questo quadro di rinnovata funzione cognitiva della musica, appare indispensabile che l'allievo fin dal primo approccio alla pratica strumentale, per evitare un immaturo e controproducente orientamento specialistico, sia educato a coltivare, nelle forme adeguate alla sua maturazione personale le diverse fondamentali dimensioni dell'esperienza musicale. L'istruzione di base promossa dagli attuali programmi ministeriali pone già degli obiettivi specifici ben dettagliati e funzionali a tale scopo. 

Alla base dell'attività musicale si pongono determinati ambiti di intervento didattico: 

·      educazione percettiva attraverso l'esplorazione dei più svariati fenomeni sonori analizzati in ambito timbrico – dinamico, ritmico, melodico ed armonico;

·      educazione all'ascolto inteso come lavoro e momento di riflessione analitica e di comprensione dei contenuti espressivi del linguaggio musicale nelle sue più svariate forme differenziate sull'asse storico, geografico e di genere;

·      educazione alla creatività per valorizzare il funzionamento linguistico della musica ai fini di un'esperienza pienamente vissuta dall'allievo coinvolto in attività manipolatorie, individuali o di gruppo, di costruzione e combinazione degli elementi costitutivi del linguaggio musicale;

·      Pratica notazionale affrontata come attività creativa nella quale coinvolgere l'allievo con abilità di codifica e decodifica dei sistemi di notazione più comuni fino all'applicazione di scritture non convenzionali.

Ai fini di un successo formativo integrale dell'allievo è opportuno che tali settori d'attività siano coordinati con pari dignità curriculare. Tutti i settori devono concorrere a strutturare un reticolo di conoscenze e competenze con il quale accompagnare l'allievo attraverso un'esperienza musicale globale. Necessariamente in ambito scolastico si evidenzia una stretta cooperazione tra gli insegnanti di educazione musicale e strumento musicale per il raggiungimento di traguardi comuni di un iter formativo che fin dall'inizio non si è posto l'obiettivo di formare uno strumentista, ma di promuovere la crescita del preadolescente attraverso la musica. Una volta interpretato un possibile campo di competenza della disciplina dello strumento come ausiliaria all'educazione musicale è importante approfondire l'altro polo di attrazione dell'azione didattica, ovvero quello più specificatamente preparatorio agli studi di alta formazione musicale. Le riforme in atto e le normative vigenti fanno dell'opportunità formativa dello strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado una meta per quei ragazzi e quelle famiglie che hanno intenzione di arricchire il loro percorso di crescita impegnandosi nello studio ed il perfezionamento di uno strumento con possibili esiti professionali. Occorre subito ribadire che nell'ambito della scuola dell'obbligo, anche se ci si riferisce ad una disciplina facoltativa, non appare corretto sottolineare una dicotomia tra l'approccio “amatoriale" e quello “professionale", ma è indubitabile che sempre più frequentemente gli alunni e le famiglie che scelgono, in sede di iscrizione, l'opzione di uno strumento musicale, ripongono in tale curricolo un possibile percorso formativo che vada al di là dell'esperienza educativa della scuola dell'obbligo. La scuola riformata pone le famiglie già dalla scuola primaria come principali operatori dei percorsi formativi dei propri figli. La personalizzazione degli studi è un nuovo diritto che le famiglie rivendicano sempre più consapevolmente, spesso dimostrandosi migliori interpreti di una riforma che non è ancora stata metabolizzata dalle stesse istituzioni scolastiche. Sul mercato delle offerte di formazione musicale le S.M.I.M. (Scuole Medie ad Indirizzo Musicale) si pongono sicuramente al primo posto tra le possibili opzioni di una famiglia che vede nel settore delle scuole private o delle associazioni musicali un rapporto qualità/prezzo non appetibile e nel Conservatorio un'istituzione che non riesce ad armonizzare le esigenze culturali ed educative irrinunciabili nel più importante momento di crescita del proprio ragazzo. Le scuole ad indirizzo musicale, pertanto, sono chiamate a far seguire, a tali aspettative, validi e variegati curricoli che possano garantire oltre che il necessario orientamento anche l'opportuno esito scolastico. La sfida, che investe i dirigenti scolastici e soprattutto i docenti di strumento, è quella di armonizzare i programmi ed i contenuti degli interventi didattici con l'eventuale prosieguo degli studi in ambito delle istituzioni di alta formazione o degli istituendi licei musicali. Ciò implicherebbe innanzitutto un aggiornamento dei programmi ministeriali, ancora fermi all'esperienza delle sperimentazioni, ma fin a quel momento sarebbe auspicabile che ogni singola S.M.I.M. concordasse con i relativi conservatori, e poi con i futuri licei, una sorta di carta dei servizi che definisca i programmi, i contenuti, gli standard qualitativi nonché le metodologie. Armonizzare i diversi step del percorso di formazione musicale significherebbe garantire ai futuri professionisti della musica una crescita più organica e ricca di esperienze che, se pur eterogenee, non siano mai dissonanti. Non trascurabile, infatti, deve essere l'obiettivo di garantire la continuazione degli studi musicali per coloro che ne hanno avanzato il desiderio. L'insuccesso scolastico analizzato dal versante degli studi musicali interviene sempre più frequentemente nel passaggio tra gli indirizzi musicali ed il conservatorio. L'aspetto da focalizzare è la circostanza che tale frequente insuccesso scolastico non si verifica all'atto dell'esame di ammissione in conservatorio, che pur rimane un momento di difficile raccordo, bensì nell'ambito del primo anno di studi. Il problema, pertanto, non è nel riconoscimento delle competenze acquisite che, evidentemente, si traducono in validi prerequisiti per l'avvio dei nuovi studi, ma, sostanzialmente nell'impatto con metodologie non capaci di intercettare le aspettative e le esigenze dei ragazzi con un vissuto scolastico degli indirizzi musicali. Le aule del conservatorio purtroppo vengono vissute da questi ragazzi con grave disagio proprio perché naturalmente rapportate a quelle ben più accoglienti e stimolanti del ciclo precedente. Ciò può sembrare un assurdo o un paradosso solo se non si conoscono le modalità di apprendimento intraprese nelle due istituzioni fortemente diversificate nelle rispettive finalità e curricoli. L'alunno lascia un'esperienza scolastica nella quale era pienamente coinvolto dal punto di vista degli interessi, delle esperienze e degli affetti, per ritrovarsi con il nuovo maestro ad investire le sue pulsioni spesso nella solitudine di una lezione di musica che assomiglia ancora troppo a quelle che i musici di palazzo tenevano per malinconiche nobildonne. I conservatori ed i programmi ministeriali dell'ormai vecchio ordinamento soffrono da troppo tempo di un distacco pressoché totale dalla società nella quale l'esperienza artistica è chiamata a confrontarsi costantemente con l'informatizzazione e la globalizzazione. I titoli rilasciati dai corsi di diploma di strumento è ben noto che abbiano una bassa spendibilità in campo lavorativo, vista anche la profonda crisi del sistema musicale italiano, ma ciò che è ancor più grave è che i diplomati dei conservatori non si rivelano essere dei professionisti polivalenti, capaci di riproporsi nei nuovi campi dell'offerta lavorativa. Se da un lato le orchestre e le fondazioni musicali vivono un periodo critico, dall'altro il mondo del lavoro si sta arricchendo di offerte sempre più variegate nei campi della multimedialità, dell'informatica, delle comunicazioni, della formazione e dello spettacolo. I conservatori e gli stessi musicisti devono avviarsi verso una società che avrà sempre meno bisogno di orchestrali e sempre più di professionisti capaci di scrivere un jingle pubblicitario, di utilizzare il computer ed aggiornarsi costantemente con le tecnologie della multimedialità e della comunicazione, di progettare percorsi formativi nell'ambito delle nuove possibilità del campo dell'educazione permanente. L'esigenza di individuare nuovi programmi e nuovi curricoli per i prossimi istituti di alta formazione è, quindi, di fondamentale importanza onde evitare di continuare a lamentare casi di abbandono scolastico o diplomare futuri disoccupati. La riforma dei cicli scolastici congiuntamente alla riforma delle istituzioni di alta formazione sembra avviare un circuito virtuoso che possa rispondere a tali esigenze, e centrale in tale percorso appare la nascita dei licei musicali. Al contempo dovrebbero innescarsi nuove convergenze in campo metodologico sia dal versante dell'educazione musicale – strumentale nelle scuole medie sia nel settore dell'alta formazione. È auspicabile che i docenti di strumento musicale possano al meglio preparare i possibili studenti di conservatorio nell'assorbire positivamente l'impatto con l'istruzione specialistica ma è ancora più importante che le strutture didattiche dei conservatori possano con opportune correzioni programmatiche calibrare gli interventi metodologici per instaurare più favorevoli condizioni di crescita per gli ex-alunni delle S.M.I.M., magari istituendo corsi di aggiornamento per gli stessi insegnanti di conservatorio. L'ennesimo paradosso della scuola pubblica, infatti, vuole che gli insegnanti del ciclo della scuola dell'obbligo debbano essere, fin dall'accesso alla professione, specializzati secondo standard europei e debbano, poi, obbligatoriamente aggiornarsi alle recenti teorie pedagogiche e alle ultime proposte metodologiche, mentre i docenti del settore dell'alta formazione continuano ad essere inquadrati come musicisti di nomina “per chiara fama" o peggio come artigiani in possesso di un patrimonio culturale in via di estinzione. È impensabile tollerare che nel ciclo dell'educazione e della formazione del nuovo millennio possano intervenire operatori completamente privi di basilari nozioni nei diversi ambiti della pedagogia, della psicologia, della sociologia, ovvero non capaci di agire con efficaci interventi didattici nella cruciale fase di crescita del preadolescente già al centro del vortice di una società in continua e rapida evoluzione. Ma tale auspicabile programma di aggiornamento del personale docente dei conservatori potrebbe risultare vana se non accompagnata da un progetto di arricchimento dei curricoli dei corsi inferiori di strumento. Non si può accettare che un ragazzo che abbia frequentato una scuola media ad indirizzo musicale con uno stimolante ventaglio di discipline che spaziano dall'italiano alla musica d'insieme debba ritrovarsi a frequentare nel conservatorio solo la singola lezione di strumento, solfeggio e pianoforte complementare ove previsto. I conservatori ipotizzando una possibile strutturazione in rete con altre istituzioni scolastiche, quali ad esempio le scuole secondarie, gli istituti d'arte e le università, dovrebbero poter continuare a garantire nei confronti di tali studenti, la formazione musicale nell'ambito di un percorso multidisciplinare ed interdisciplinare favorendo, tra le altre opportunità, l'aggregazione dei musicisti in gruppi classe oltre che naturalmente in gruppi finalizzati alla pratica della musica d'insieme. Quest'ultima favorendo i processi di aggregazione ed integrazione sociale oltre che a favorire l'acquisizione di competenze specifiche del suonare con gli altri, può in una opportuna programmazione didattica aspirare ad essere chiave di volta dell'arco formativo dell'aspirante musicista.

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