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La nostra storia – Anni 2010 seconda parte
LA NOSTRA SCUOLA COMPIE 50 ANNI
pubblicazione del 2014 in occasione del cinquantenario dell'istituto
“Internet a scuola”
In una scuola che negli ultimi anni si è dotata di Registri on line, di LIM (lavagne interattive multimediali) e di tablet ad uso della didattica, collegati al sistema WI FI della scuola, i nostri alunni non potevano non impegnarsi a creare e curare, sia come scuola sia come gruppo classe, blog che testimoniassero passione ed interesse per le attività della scuola.
Nell’ultimo anno scolastico sono nate anche alcune pagine sui social network come Gli ex della Monterisie CTP Monterisi con numerosissimi contatti e fan.
Con l’anno scolastico 2014/15 parte nelle prime classi il progetto didattico“Studiare con il tablet”
A conclusione di un anno di lavoro, di studi e di interrogativi – propri di ogni ricerca – di interviste e di racconti, l’anima della Scuola ci mostra il suo aspetto più nascosto rivelando il profondo legame affettivo che nel tempo coloro che hanno preso parte alla vita della scuola e gli abitanti del quartiere hanno consolidato verso la Scuola.
C’è una raccolta di testimonianze, tutte spontanee, che spesso si dimostrano quasi lettere d’amore, amore per un luogo che ha saputo accogliere in tanti modi diversi, costruendo legami durevoli nel tempo, alunni, genitori, docenti e personale ATA.
Senza i loro suggerimenti e racconti, tanti avvenimenti non ci sarebbero stati noti e, soprattutto, non avremmo capito che la nostra Scuola è parte indissolubile della vita di noi tutti, del quartiere Pastena e della città di Salerno.
Testimonianze
Monterisi casa del Sapere
Ho vissuto con passione, sempre, il mio insegnamento, la realizzazione di un progetto infantile, ben diffuso fra i bambini, di diventare la “maestra”.
Quando sono giunta alla Monterisi avevo decenni di insegnamento alle spalle ma l’entusiasmo era sempre lo stesso: entrare in classe con gioia e uscirne col sorriso.
Fui assegnata al corso D. La collega di lettere che mi aveva preceduto lasciava un bel ricordo nei ragazzi di terza perciò spaesati, e che mi apparvero un po’ freddi. Ma non era un’impressione. Un’alunna, a fine anno, mi lasciò nel cassetto una lettera, che conservo, in cui confessava il suo rammarico per quel giuramento fatto con più compagni di “non dare confidenza alla nuova”, ché non avrebbe mai sostituito la loro Professoressa.
Una conversazione con i ragazzi mi svelò che erano era divisi in sottogruppi in competizione tra loro, così avviai una ricerca sociologica sulla “relazionalità” in classe, conclusa con la pubblicazione dell’opuscolo “ Classe piccolo gruppo” e con la redazione del Giornalino “Feelonlyfriends".
Questi lavori nei contenuti rispecchiavano l’attenzione alla vita di classe, alla relazionalità, all’educazione affettiva che, insieme all’intento di rendere autonomi gli studenti nell’apprendimento di un metodo di studio, hanno migliorato il mio lavoro negli anni successivi .
D’altra parte quasi subito ho trovato colleghi come la professoressa Lina Santilano, Anna del Grosso, Antonella Guarino, Geri Pecoraro che vollero condividere con me i tanti progetti che permettevano ai ragazzi di conoscere il proprio sé, e non solo quindi “le regole di latino e il nome di ogni capitale”. Alla fine della carriera sono riuscita, in questa scuola anche a costruire un dialogo costruttivo con i dirigenti, il professore Aldo Galibardi e la professoressa Concetta Carrozzo, con cui ho lavorato con entusiasmo e con pari leggerezza di spirito.
Io ora sono più ricca. I ragazzi mi hanno donato “mille e mille giorni di batticuore condividendo per un attimo il respiro dell’ eternità.”
Per me la scuola Monterisi è e rimane la Casa del sapere.
Elisabetta Conti
Dal quinto piano…
Come sarebbe questo quartiere senza la scuola “Monterisi”? Sicuramente come un corpo senza anima: i ragazzi che ogni mattina ci allietano con il loro vociare, quasi fossero rondini a primavera, zittiscono solo al suono della campanella. Tutto ciò si ripete da cinquant’anni.
Ogni ragazzo che ha vissuto in questo angolo della città giovane è passato per questa Scuola. Ricordi, emozioni, soddisfazioni e qualche piccolo dispiacere ha pervaso il cuore di chi ha trascorso una parte della sua adolescenza qui.
Abitando di fronte a questa grande scuola, e facendo la “gavetta” in luoghi lontani, alimentavo ogni giorno di più il desiderio di potervi insegnare. Un giorno, come per magia, il tanto auspicato trasferimento è arrivato. Che gioia, che emozione entrare in questo istituto non più da genitore ma da professoressa!
Sono trascorsi così circa venti anni da quella bella emozione, durata sempre senza interruzione. Ricordo, ad uno ad uno, tutti i miei ragazzi. L’insegnamento si fa con passione ed è una missione. Lavorare, per i giovani e con i giovani, è un modo per non invecchiare mai. Sono stata un po’ severa ma, al momento giusto, credo anche consigliera. La severità è necessaria, ma bisogna saperla dosare.
Ora che sono in pensione, ascolto solo dal quinto piano, ogni mattina, il garrire delle rondini che tacciono solo dopo il trillo della campanella…
Clotilde Voto
Pensieri in libertà
In quel lontano primo settembre del 1997, mentre per la prima volta salivo le scale della Scuola Media “Monterisi”, pensieri contrastanti affollavano la mia mente. Finalmente, dopo ventisette anni di servizio prestato nelle scuole della provincia di Sondrio e poi in quella di Salerno, iniziavo l’anno in una sede comoda, vicina a casa. Niente più attese alle fermate degli autobus, sotto il sole cocente o la pioggia scrosciante, niente code in autostrada, non mi sembrava vero di poter raggiungere la scuola a piedi. Mi accompagnava tuttavia il rimpianto per la scuola che avevo lasciato, per il preside e i vecchi colleghi. Con questi pensieri varcavo il portone della scuola e iniziava per me una nuova avventura. La “Monterisi” era già allora una scuola prestigiosa ed io avrei fatto di tutto per essere all’altezza della situazione.
In poco tempo, grazie al preside Volini, ai colleghi e agli alunni, tutto è cambiato: la “Monterisi” era diventata la mia seconda casa. Quanti colleghi ho conosciuto! Con alcuni c’era maggiore affinità caratteriale, culturale e professionale, con altri meno ma con tutti ho avuto rapporti sereni improntati al rispetto e all’amicizia.
E che dire degli alunni? Tanti, in dieci anni! Alcuni mi capita di rivederli: sono loro a chiamarmi perché io stento a riconoscerli. Erano bambini e adesso sono uomini e donne… ma è solo un attimo, mentre ci intratteniamo mi viene in mente un volto adolescente tra i suoi compagni di classe. Ecco che torno indietro nel tempo e li rivedo curiosi, rumorosi, allegri, a volte problematici, ognuno diverso dall’altro, alla ricerca di un’identità non facile da trovare. Li rivedo emozionati alle prese con le domande da sottoporre al Presidente di Legambiente, disposto a farsi intervistare, e rivedo i loro sguardi compiaciuti davanti alla copia del giornalino scolastico dove hanno messo in pratica tutte le tecniche imparate. E che dire della scrittura creativa? Quanta fantasia in quelle menti, quanto entusiasmo, a volte troppo, non sempre facile da contenere! E che meravigliose illustrazioni accompagnavano i testi, grazie alla magia delle professoresse Mignone e Ventre che guidavano le mani dei ragazzi!
E il racconto dei ricordi dei nonni sulla seconda guerra mondiale? D’improvviso il nonno noioso e brontolone diventava un affabulatore che con i suoi racconti affascinava il nipote e dava concretezza alla storia studiata sui libri. Che sorpresa sentire da loro il racconto dello sbarco a Salerno o del ruolo avuto in quei giorni terribili dall’arcivescovo Monterisi! Quel volto austero che li guardava da una vecchia fotografia era di un uomo coraggioso e generoso che, quando tutte le autorità civili e militari avevano abbandonato la città, era rimasto a fianco dei Salernitani per difenderli ed aiutarli. Che lezione di vita! Adesso sì che l’intitolazione della scuola aveva un senso.
Ricordo quando con la professoressa Del Grosso e qualche volenteroso genitore accompagnavo i ragazzi a visitare di domenica mattina il monumento scelto per partecipare alla manifestazione “La scuola adotta un monumento”. Quanto studio! I ragazzi non capivano perché fossi così esigente nel pretendere da loro sicurezza espositiva e proprietà di linguaggio. Lo capivano dopo, sul campo, quando illustravano ai visitatori le caratteristiche architettoniche e la storia del monumento e si rendevano conto che, mostrando competenza e disinvoltura, guadagnati con impegno e fatica, ricevevano l’apprezzamento del pubblico.
E la collaborazione con la professoressa Conti? Abbiamo svolto insieme tanto lavoro con i progetti per la legalità e l’educazione emotiva, che avevano un alto contenuto formativo e a cui lei aveva dedicato tempo e studio: alla fine i miei alunni del corso C e i suoi del corso D erano diventati alunni di entrambe!
E la musica! Ricordo che la prima volta che ho assistito all’esibizione dell’orchestra, di cui facevano parte anche alcuni miei alunni, ho provato un’emozione fortissima. Erano proprio loro a suonare? E com’era possibile che quei ragazzi, a volte in classe irrequieti e distratti, potessero stare fermi sul palco e produrre quelle melodie? E poi, il giorno dopo era un piacere sentirli descrivere le loro emozioni.
Eppure confesso che, quando ho saputo che il mio corso sarebbe diventato ad indirizzo musicale, ho accolto la notizia con scetticismo e preoccupazione. Temevo che la musica potesse diventare un alibi e giustificare lo scarso impegno nello studio, ma poi ho dovuto ricredermi. Il gioco valeva la candela: la musica serve ad affinare la sensibilità e ad insegnare disciplina e rispetto dell’altro, nella vita come nell’orchestra. Ed ecco che il pensiero va al preside Galibardi, appassionato, instancabile e disposto a qualunque sacrificio per realizzare il sogno dell’orchestra della “Monterisi”; ripenso al preside Volini, rigoroso e severo, ma attento e capace di gratificarti quando facevi un buon lavoro: tutti e due sono stati per me guida e stimolo a migliorarmi professionalmente e umanamente.
So che il tempo addolcisce i ricordi, cancella le difficoltà, gli insuccessi, le incomprensioni, le delusioni e lascia spazio solo alle cose belle, ma oggi nel mio cuore ci sono solo ragazzi entusiasti e allegri, colleghi sinceri, compagni di dieci anni di battaglie volte a far diventare i nostri alunni “persone perbene”, responsabili e consapevoli dei loro diritti e doveri.
Michela Santilano
Senza titolo
Arrivai alla scuola media Monterisi nell’ottobre del 1969, proveniente dalla scuola media di Latronico (PZ). Per me fu una grande soddisfazione e gioia arrivare in questa scuola che primeggiava a Salerno per la serietà, l’impegno e la qualità dei docenti.
La classe che mi fu assegnata era una prima “raccogliticcia” formata dai ragazzi che creavano problemi per la condotta e lo studio. Con tale classe, formata di circa 30 alunni, ho iniziato il mio lavoro di docente di italiano, storia e geografia. Malgrado le premesse lavorai con lena ed impegno per cui il preside Fiorillo, allora a capo dell’Istituto, morto in quello stesso anno, mi elogiò pubblicamente per quanto ero riuscito a costruire. Con la morte del prof. Fiorillo, la scuola venne affidata, per quell’anno, al prof. Donato Dente, docente anche di pedagogia presso l’Università degli Studi di Salerno. Con lui iniziò un percorso veramente splendido. Ricordo, ad esempio, che la III I, l’altra classe affidatami tutta femminile, mi chiese di aiutarla a svolgere delle ricerche sulla droga in seguito a degli eventi di cronaca che avevano visto coinvolti personaggi famosi quali Lelio Luttazzi e Walter Chiari. Lavorammo con impegno ed i risultati, che coinvolsero medici, pedagogisti, ispettori di polizia, furono davvero straordinari. A fine anno scolastico avemmo l’encomio del Provveditore agli Studi di Salerno e dell’Università, attraverso il rettore, e questo mi consentì di avere una nomina, a soli 28 anni, di commissario di esami per le ultime abilitazioni decentrate che si tenevano a Bologna.
Negli anni ‘70, la Monterisi era un faro per la zona orientale di Salerno e non solo, tanto che si facevano le file per l’iscrizione e molti genitori trascorrevano l’intera notte all’aperto pur di garantire ai propri figli un posto in una classe. In quel periodo giunse a dirigere l’Istituto il prof. Giovanni Iuorio, grande latinista e grecista, che, assecondando il mio desiderio di lavoro ed il mio entusiasmo giovanile, appoggiò molte scelte didattiche da me suggerite. Ricordo che facemmo un interessante lavoro di ricerca, insieme al collega prof. Enrico La Rocca, sui rapporti Stato-Chiesa. I giornali dell’epoca si interessarono a questo nostro lavoro, grazie anche all’impegno della prof.ssa Giovanna Volpe Gaeta, e la testata “Il Tempo” dedicò ampi spazi a tale progetto, assicurando anche una presenza costante alle nostre manifestazioni. Mi sia consentito un pizzico d’orgoglio nel verificare che molti di quei ragazzi, che sembravano poco studiosi o relegati a ruoli marginali nella società, sono diventati affermati professionisti ricoprendo incarichi di prestigio e grande responsabilità.
Nel periodo della mia permanenza si sono susseguiti tanti progetti: sull’ecologia, sulla catena alimentare, sulla letteratura, sullo studio della cinematografia. Oggi possono sembrare attività di routine, ma in quel periodo erano attività che costituivano innovazione e davano un valore aggiunto alla scuola che non era ancora terminata strutturalmente dato che mancava l’impianto di riscaldamento.
In quegli anni vi fu un’altra grande innovazione: la creazione delle attività per il doposcuola per cui alcuni docenti curriculari, oltre a giovani professionisti, offrirono il loro apporto per questo impegno pomeridiano a servizio degli studenti in difficoltà.
Con nostalgia ricordo il tempo trascorso e mi piace ricordare alcuni dei colleghi di quel periodo, con cui ho condiviso lavoro e speranze: Raffaella Iollo, Elena Saggese, Lucia Verrengia, Angelo Teta, Enzo Volini (diventato poi, a sua volta, dirigente dell’istituto), Luigi Lanzilli, Silvana Pelosi, don Raffaele D’Acunto, e tanti altri che hanno contribuito alla crescita di questa scuola.
Accanto ai docenti mi piace ricordare anche il bidello Gigantino, sempre presente al suo posto, uomo rispettoso e gran lavoratore.
Saverio Ascolese
Da alunno…a professore!
Dopo aver finito le elementari, sono passato alla scuola media “Monterisi” nel 1981. Qui insegnavano Lettere i miei genitori: mia madre, Iole Cosma, nel corso C e mio padre, Bono Ciriaco, nel corso D. Non so fino a che punto essere allievo di mia madre fu una buona idea, ma di sicuro furono tre anni molto divertenti e spensierati. Forse però non furono così spensierati per mia madre: tra noi compagni c’era molto spirito di gruppo e, oltre a studiare, ci divertivamo molto, fuori e dentro la scuola. Le feste di compleanno, le gite, le partite di basket erano i momenti sociali più belli.
Il professore di Educazione fisica Michele Rizzo aveva un talento particolare nel coinvolgere gli alunni e far loro amare lo sport: ci metteva passione. Introduceva i ragazzi alle varie specialità dell’atletica leggera e li portava ogni anno ai Giochi della Gioventù, soprattutto coinvolgeva noi tutti con il gruppo sportivo pomeridiano CS Pastena, dove imparavamo il basket e nell’82 vincemmo il campionato provinciale di pallacanestro.
Nel quartiere più di ogni altro era conosciuto mio padre per il suo impegno come insegnante e come catechista. Organizzava le gite: Venezia, i Musei Vaticani, Rimini, Riccione, l’opera al San Carlo di Napoli, la domenica all’istituto dei Saveriani. Era una figura carismatica di primo piano e gli alunni lo seguivano con grande interesse ed entusiasmo. Ricordo di aver trovato a casa la copia di un progetto presentato da mio padre nel 1974 che proponeva l’insegnamento di quattro specialità strumentali: chitarra, pianoforte, violino e flauto, ma i tempi non erano ancora maturi per questo. Capitava però che a scuola portasse la chitarra per far cantare i ragazzi e talvolta gli scacchi per insegnare ai ragazzi a giocare; in terza media introduceva allo studio del latino gli alunni indirizzati al liceo. Per molti alunni è stato “più di un insegnante, un vero maestro di vita, come mi è capitato di leggere in un libro scritto da un suo ex alunno. Capita ancora oggi, a distanza di quarant’anni, che qualche ex alunno telefoni per salutarlo.
Oggi anche io lavoro alla “Monterisi”: insegnare negli stessi luoghi frequentati da alunno dà un po’ l’impressione di non aver mai lasciato questa scuola. Vedo gli alunni trascorrere con serenità e spensieratezza questo momento della loro crescita ed è facile il confronto con la mia preadolescenza. Capire le loro esigenze, i loro comportamenti, coltivare la loro passione per la chitarra significa rivivere tanti momenti del passato, ravvivare l’entusiasmo per la musica e trasmetterlo nuovamente a loro.
Francesco Ciriaco
Francesco Ciriaco, oggi docente di chitarra presso l’Istituto d’Istruzione Secondaria di 1° Grado “N. Monterisi”, è il primo ragazzo in basso a sinistra. Con la squadra c’è il prof. Michele Rizzo. (Per gentile concessione del Professore Francesco Ciriaco)
Un pensiero…
Nel festeggiare il cinquantesimo anniversario della fondazione della scuola media “Nicola Monterisi”, anche io sono contento di poter partecipare a questa ricorrenza e sono altresì orgoglioso di aver operato, umile servitore dello Stato, quale docente di Matematica per un periodo di diciotto anni in una realtà scolastica efficiente e di aver contribuito col mio modesto impegno professionale alla crescita e alla continua affermazione del ruolo della scuola nel popoloso quartiere di Pastena.
Matteo De Crescenzo
ex alunni
Il mio ricordo della scuola “Nicola Monterisi” negli anni 1973/76
Anno 1973… 1° Ottobre… Una data storica per me. Era il mio primo giorno di scuola alla “Nicola Monterisi”… mi aspettava un triennio scolastico che avrebbe segnato in modo indelebile la mia formazione adolescenziale.
In quei banchi ho appreso cose che mi sono servite per tutta la vita, ho conosciuto professori a cui sono ancora grato ed amici che, dopo aver passato tanti anni dell’adolescenza e della gioventù insieme, ancora vedo e sento, punto di riferimento per superare problematiche di qualunque tipo.
La professoressa Pasqualina Bono, insegnante di Lettere, ha seguito la mia passione letteraria per tantissimi anni (anche dopo il triennio) e mi ha aiutato nella stesura del mio primo libro di poesie, “Canzone”, pubblicato nel 1984.
La professoressa Laura Petrosino, insegnante di Inglese, mi ha consentito di apprendere una lingua nuova (all’epoca lo studio dell’inglese iniziava alle scuole medie inferiori) in modo tale che in seguito mi è stato sufficiente solo approfondire qualcosa alle superiori. Quanto appreso dalle sue lezioni mi è servito e mi serve in ogni viaggio fatto all’estero o nel dialogo con amici stranieri e ancora oggi il mio libro di riferimento è il testo di Inglese utilizzato in quegli anni!
Il professor Angelo Addivinola, insegnante di Matematica e Scienze, ha gettato le basi per gli studi tecnico-scientifici fatti nel prosieguo.
Ricordo con affetto tutti gli altri professori, sia di ruolo sia supplenti, perché comunque hanno contribuito in modo positivo alla mia formazione: la professoressa Cignarelli di Storia e Latino, dal secondo al terzo anno di scuola, la professoressa Ester che mi ha indirizzato alla pittura ad olio, il professor Lanzetta di Educazione fisica…
Vorrei tanto che mio figlio possa frequentare la Scuola Media “Nicola Monterisi” perché potrebbe imparare molto e fruire anche di tutta la positività e l’entusiasmo che continua, ancora oggi, a trasparire dalle attività, anche musicali, che svolgono gli alunni di questa storica e importante scuola!
Sergio Zappia
Le ultime due testimonianze danno voce ad ex alunni che hanno intrapreso un percorso artistico e lavorativo grazie allo studio dello strumento musicale.
Suonare il corno non è stata una mia scelta
Sono Vincenzo Musone e ho frequentato la scuola media “Monterisi”; ero nel corso B e mi sono diplomato nel 2008. Ricordo i miei insegnanti, tra cui la professoressa Colombella di Italiano e la professoressa De Felice di Matematica, che poi, quando ero in terza media, sono state sostituite dalle professoresse Bosco e De Felice. L’insegnante che per me è stato determinante è sicuramente il professor Proto, insegnante di corno.
Quando i miei genitori mi hanno iscritto alla scuola media e hanno scelto un corso che prevedeva lo studio di uno strumento musicale, io ero totalmente a digiuno di musica. Non l’avevo mai studiata prima e, come tutti i ragazzi, se avessi dovuto scegliere uno strumento musicale, avrei chiesto di imparare il violino o il pianoforte. Suonare il corno dunque non è stata una mia scelta, anzi posso dire che, prima di frequentare la “Monterisi”, non sapevo neanche cosa fosse un corno. Semplicemente i professori mi hanno assegnato questo strumento ed io ho accettato di studiarlo come normalmente si fa con una materia nuova. Ho iniziato le lezioni col professor Proto e piano piano la musica e il corno da materia di studio si sono trasformati in una vera e propria passione. Infatti non ho mai sentito le lezioni di strumento come un peso o un’imposizione (mi pesavano molto di più le lezioni di italiano o di geografia); era divertente restare a scuola con i compagni, preparare le prove con l’orchestra e partecipare a saggi e concorsi, che hanno dato tante soddisfazioni sia a me personalmente sia all’orchestra. Ricordo ad esempio con piacere la partecipazione ad un concorso per orchestre scolastiche nel 2008 ad Ancona: tanto divertimento e tante soddisfazioni!
Dopo la fine della scuola media mi sono iscritto al Liceo Scientifico ma mi sono iscritto anche al Conservatorio e ho continuato a studiare con il professor Proto. Ora ho finito anche il liceo e ho preso la decisione di non iscrivermi all’Università per dedicarmi completamente alla musica, che è la mia vera passione e che voglio che diventi il lavoro della mia vita. Per realizzare il mio sogno sono consapevole che ci vogliono studio continuo e tanti sacrifici: bisogna dedicarsi totalmente alla musica se si vogliono ottenere risultati importanti, che equivalgono per dedizione e studio a quelli che si possono raggiungere con un titolo universitario. Oggi, non essendo ancora diplomato al Conservatorio, non posso fare audizioni o partecipare a concorsi presso le orchestre più importanti, ma ho già preso parte a varie competizioni in tutta Italia e ho fatto le mie prime esperienze in orchestra. Da qualche tempo ho ottenuto il mio primo contratto di lavoro presso la “Grande Orchestra Reale” di Caserta: questo è non solo un primo risultato lavorativo ma anche una grande soddisfazione per me, per la mia famiglia e per il professor Proto che mi ha fatto scoprire una passione che ora è parte della mia vita.
Vincenzo Musone
Mi piaceva molto di più il fagotto
Mi chiamo Gaetano Varriale; ho frequentato la “Monterisi” nel corso B e mi sono diplomato nell’anno scolastico 2011/2012. Ricordo con piacere tutti i miei insegnanti, le professoresse De Biasi, Pastena, Pepe, D’Acunzi, Pepe e tutti gli altri, ma l’esperienza per me più importante è legata allo studio dello strumento musicale. Mio fratello maggiore aveva già frequentato prima di me la “Monterisi” in un corso musicale e suonava il sassofono e mia madre, quando mi iscrisse alla scuola media, avrebbe voluto che anch’io studiassi lo stesso strumento. Quando però gli insegnanti fecero provare a noi bambini i vari strumenti, io mi resi conto che mi piaceva molto di più il fagotto, che infatti mi fu assegnato. Mia madre allora andò dal Preside Galibardi per chiedergli di farmi passare allo studio del sax, ma il Preside le disse che il professor Scala mi voleva a tutti i costi come suo alunno e la convinse a farmi proseguire nello studio del fagotto.
Da allora quello è diventato il mio strumento: non solo ho studiato il fagotto per tutta la durata della scuola media, partecipando a vari concorsi sia con l’orchestra sia da solista, ma, quando ho cominciato il liceo classico al “De Sanctis”, mi sono iscritto contemporaneamente anche al Conservatorio di Salerno. Qualche tempo fa ho saputo, tramite il professor Scala, che all’Accademia di Santa Cecilia di Roma mancava un fagotto, così sono andato lì per un’audizione ed ora sono entrato alla JuniOrchestra di Santa Cecilia, cosa che mi ha dato tanta soddisfazione.
Degli anni alla scuola “Monterisi” ricordo soprattutto le uscite con l’orchestra e il concorso al San Carlo, in cui l’orchestra ottenne il premio speciale della critica.
Oggi mia madre è contenta di non aver insistito perché imparassi il sassofono, anzi è felicissima per me, per la mia scelta e per i miei successi. Anche gli altri miei familiari sono contenti, anzi qualche volta mio fratello (che ha continuato a suonare il sax e sta per diplomarsi al Conservatorio) mi aiuta quando sono in difficoltà con gli esercizi da fare. Non so tra qualche anno che farò; mi piacerebbe iscrivermi all’università e proseguire gli studi, ma può anche darsi che, se dovessi continuare ad avere soddisfazioni, mi dedicherò esclusivamente al fagotto. Una cosa è certa: la musica farà sempre parte della mia vita.
Gaetano Varriale
BIOGRAFIA DI MONSIGNOR “NICOLA MONTERISI”
ARCIVESCOVO DI SALERNO DAL 1929 AL 1944
Ritratto di S.E. Mons. Nicola Monterisi, opera pittorica dell’artista e docente della Scuola Laura Bruno (Proprietà della Scuola)
Nicola Monterisi nacque a Barletta il 21 maggio 1867. Frequentò il Ginnasio presso il Seminario Interdiocesano di Bisceglie (1881 – 1886) e il liceo presso il Seminario Vaticano (1886 -1889 ). Negli anni 1889 -1893 fu alunno dell’Almo collegio Capranica, studiando Filosofia e Teologia alla Gregoriana. Si laureò in teologia dogmatica alla Gregoriana, in diritto canonico all’Apollinare e in lettere presso la Regia Università di Roma. La sua tesi fu “Leggenda e realtà intorno a san Ruggero, Vescovo di Canne e Patrono di Barletta”.
Fu ordinato sacerdote il 15 agosto 1893. Tornato nella sua diocesi di Barletta insegnò teologia nei seminari di Bari, Trani e Bisceglie fino al 1908.
Fu attento alle esigenze sociali dell’epoca, facendosi promotore per l’impegno del laicato nella Chiesa e nel mondo. Fu tra i fondatori del “Circolo Leone XIII”, che riuniva i giovani cattolici in contrapposizione ai gruppi politici anticlericali del territorio. Nel 1902 fondò il periodico cittadino “Il Buon Senso”.
Negli anni in cui fu parroco a Barletta (1908 – 1913) si distinse non solo per il ministero sacerdotale, ma anche per l’impegno civile: nel 1910, mentre nella città infieriva il colera, don Nicola Monterisi si offrì come cappellano del Lazzaretto, restando in quel luogo per un lungo lasso di tempo nonostante il rischio di essere contagiato, dando esempio di attenzione sociale.
Papa San Pio X, con bolla del 22 agosto 1913, lo elesse vescovo di Monopoli; fu consacrato il 7 settembre 1913 dal cardinal Antonio Vico.
Il 15 dicembre 1919 fu promosso arcivescovo di Chieti.
Il 5 ottobre 1929 fu traslato nella sede primaziale di Salerno.
Nel trentennio del suo episcopato si mostrò uomo di grandi vedute e capacità organizzative, contribuendo ad un’opera capillare di moralizzazione e di evangelizzazione. Contribuì a colmare in campo formativo le lacune di una popolazione proveniente da un passato difficile. Si adoperò per far sorgere nuove parrocchie, case religiose maschili e femminili.
I suoi interventi ebbero eco in Italia e all’estero. La sua famosa lettera pastorale del 1917: “Nella guerra attuale benediciamo il Signore”, fu apprezzata da papa Benedetto XV ed ebbe dieci edizioni in Italia, due in Francia e una negli Stati Uniti.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale non volle abbandonare mai la città di Salerno, neanche sotto i bombardamenti, e costrinse il suo clero diocesano a fare altrettanto. Si oppose alle truppe del Comando Alleato che volevano requisire il Seminario Regionale. Per questo motivo il capo del Governo Italiano, Pietro Badoglio, mise in dubbio l’amor patrio di mons. Monterisi. L’arcivescovo non esitò a rispondergli: “Non permetto che si metta in discussione la mia italianità; mi sento e sono più italiano del maresciallo Badoglio. Quando il popolo è rimasto solo e stremato dalle sofferenze della guerra io, vecchio di 76 anni, col mio clero sono rimasto al mio posto a conforto e sollievo della popolazione, mentre il maresciallo Badoglio è scappato a Pescara!”.
Visse poveramente a favore della sua popolazione, disponendo che quanto vi era nel palazzo episcopale fosse a favore della mensa arcivescovile; il 19 marzo 1944 decise di entrare nella “Casa S. Giuseppe”, ricovero degli anziani di Salerno, con le parole: “per un Vescovo è grande onore morire in mezzo ai poveri!”.
Morì il 30 marzo 1944. Sulla tomba volle vi fosse scritto: “Non mi giovarono in morte tre mitrie e due pallii, ma la divina speranza che avendo il mio Salvatore preso sopra di sé i miei peccati, mi risusciterà seco nell’ultimo giorno".
A Salerno gli è stata dedicata la scuola media “N. Monterisi" in memoria del suo costante operato la per la città.
Giovanni Paolo II, nella sua visita pastorale a Salerno (26 maggio 1985), così ebbe a dire nel suo discorso ai sacerdoti: “Esprimo un riconoscente pensiero per tutta l’opera, la laboriosità e il governo dei grandi e illustri vescovi che si sono succeduti su questa cattedra episcopale. In particolare, per i tempi a noi più vicini, come non ricordare a comune gaudio ed edificazione il nome di Monsignor Nicola Monterisi, che si prodigò per elevare il tono della vita del popolo e fu pioniere della ancora aperta e complessa questione meridionale? Egli incise in modo determinante nella tensione pastorale dei sacerdoti, infondendo nei loro cuori un vero zelo per la catechesi, l’amministrazione dei sacramenti, l’apostolato dei laici e per l’assistenza ai poveri"